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Xylella/ Audit UE: Grasso, Ciervo, D’Amico e Cardone presentano ai Commissari gli interessi e le prospettive della Costituzione, del territorio, della Scienza e degli agricoltori



Leggendo in giro i risultati dell’Audit con i Commissari europei, venuti in Puglia per comprendere meglio qual è la situazione del Disseccamento Rapido degli Olivi, ci si trova dinanzi a uno scenario ben definito.


Alcuni chiedono di eradicare tutto e in fretta, altri di eradicare solo gli ulivi infetti: l’importante è insomma eradicare. E già, perché evidentemente la convinzione che sradicando l’albero si eradica il batterio è ormai un dogma che si è affermato non secondo un principio di scienza ma come un Credo.

Oltre ad eradicare è indispensabile anche irrorare con i fitofarmaci giusti: in Salento ed ora anche nella Valle d’Itria non sono sufficienti le tonnellate di pesticidi adoperati per decenni, in lungo e in largo. Ne servono ancora, per assicurare non solo la morte dei suoli e delle falde, ma anche quella delle persone, di questa e delle prossime generazioni. Ovviamente l’uso di erbicidi e pesticidi non fermerà comunque il vettore o i vettori, ne sacrificherà solo alcuni esemplari.

Gli altri, viste le temperature, andranno al mare, magari salendo a bordo delle gomme di qualche vacanziero e saluteranno tecnici e ispettori dalle spiagge del Salento. O l’intenzione è di irrorare anche tutta la vegetazione che cresce spontanea a ridosso di spiagge e scogliere?

La storia dei pesticidi, quindi, come si può ben immaginare è davvero ridicola. Fumo negli occhi per i Commissari, che fortunatamente sono giunti in Puglia forse perché hanno “odorato” che qualcosa in tutta questa storia non torna.

Eradicazioni, pesticidi e ovviamente, all’Europa si chiede anche denaro, a fiumi, solo per le aziende però, e non per i contadini senza partita IVA che producono l’olio autonomamente e che costituiscono la stragrande maggioranza dei proprietari dei terreni olivetati.

C’è altro? Certo.

Servono i reimpianti, di specie resistenti. Per individuarle ci penseranno i soliti noti, ormai unici gestori di quel Credo di cui parlavamo prima.

Ad ogni modo, durante l’Audit con i Commissari UE è successo anche altro. E per fortuna diciamo noi.

Anzitutto finalmente i Commissari hanno richiesto di confrontarsi ed ascoltare tutti i portatori di interessi e non solo di coloro che “portano” interessi economici e politici.

Vogliamo quindi proporvi l’altra versione dei fatti. L’altra faccia dell’Audit insomma.

Dopo il sequel di “servono soldi, reimpianti ed eradicazioni”, è stato ascoltato dai Commissari Nicola Grasso, docente di diritto Costituzionale presso l’Università del Salento. L’intervento del prof . Grasso ha riguardato i profili giuridici della questione ed è stato particolarmente apprezzato dai commissari, che lo hanno pubblicamente ringraziato per il contributo fornito.

Il docente ha evidenziato tre punti essenziali, il primo dei quali riferito agli espianti.

Grasso ha sottolineato che gli ulivi in Puglia non sono semplici piante. Essi sono un elemento essenziale del paesaggio e dell’identità culturale. Il taglio di un olivo andrebbe poi a violare, soprattutto nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico, l’art. 9 della Costituzione che pone la tutela del paesaggio tra i suoi principi fondamentali.

In secondo luogo ha fatto presente che nessuna normativa europea prescrive l’uso massiccio, obbligatorio e indiscriminato, dei pesticidi nell’area infetta. Obbligo che invece è previsto nel decreto Martina. Grasso fa presente ai Commissari che spesso l’Europa è utilizzata come un paravento. Sovente, per imporre misure drastiche si dice “è l’Europa che ce lo chiede”: in realtà, evidenzia il docente, le misure previste dal decreto Martina contrastano con la Direttiva UE 128/09 sull’uso sostenibile dei pesticidi e sull’agricoltura integrata.

Inoltre, Grasso, ha rilevato che anche i limiti alla libertà di ricerca previsti dal decreto Martina non hanno fondamento in nessuna normativa europea: ciò, sottolinea Grasso, costituisce una violazione dell’art. 13 del Trattato di Nizza e dell’art.33 della Costituzione. La limitazione della ricerca rappresenta per di più un ostacolo alla possibilità di avere risultati scientifici incontrovertibili e consolidati, anche perché nel frattempo le poche ricerche indipendenti svolte stanno dimostrando che l’espianto degli ulivi non è l’unica soluzione possibile.

Proprio per questi motivi e anche per il fatto che i dati statistici ufficiali dimostrano un’incidenza dell’infezione su percentuali prossime all’1%, ha concluso invitando i commissari a modificare la decisione della Commissione Europea nel rispetto del principio di proporzionalità e di precauzione. Tale richiesta, spiega Grasso, trova ragione nella sentenza del 9 giugno 2016 della Corte di Giustizia dell’UE. Ai punti 51 e 82 della sentenza, la Corte ha prescritto che se la situazione dovesse evolversi, quindi se l’eradicazione del batterio Xylella non dovesse più imporre, in virtù di nuovi dati scientifici pertinenti, di procedere alla rimozione immediata delle piante, spetterebbe alla Commissione Europea adottare una nuova decisione che tenga conto dell’evoluzione della situazione nel rispetto dei principi di precauzione e proporzionalità.

L’intervento del professor Grasso è seguito da quello di Margherita Ciervo, docente di Geografia Economica presso l’Università di Foggia, la quale ha presentato l’argomento focalizzando l’attenzione sul territorio. La docente ha sottolineato, il modo paradossale in cui in questi anni, sono stati rappresentati i fatti. “Sul territorio – dice la Ciervo – abbiamo un fenomeno, che è quello del Disseccamento, sui media invece troviamo la rappresentazione di un altro fenomeno. Questo accade oggi nel 2018 ma è accaduto anche nel 2015. 

Nel marzo 2015 un ricercatore informava la stampa di 1 milione di ulivi infetti. I dati ministeriali di giugno 2015 dichiaravano, invece, la presenza di 612 ulivi infetti, la maggior parte dei quali privi dei sintomi del disseccamento. Ancora oggi, abbiamo associazioni di categoria che parlano a seconda delle occasioni di un milione e fino a dieci milioni di ulivi infetti e anche più, dati che vengono poi riportati dalla stampa. Ebbene, oggi, i dati della Regione Puglia parlano di 3.058 piante infette, con una percentuale pari all’1,8%. Quindi questo è il primo punto col quale chiedo con forza che la Commissione Europea e i Commissari facciano luce. È evidente che qualsiasi decisione si prenda, sia sul piano economico, politico e anche sociale, viene presa in forza delle idee che si sono proiettate e per chi non abita al sud della Puglia, passa l’idea che gli olivi muoiano a un ritmo shock, così come titolano i giornali. In ogni caso noi non conosciamo ancora quali siano le fonti di questi dati sciorinati dalle associazioni di categoria e ci affidiamo alle fonti ufficiali del Ministero e della Regione”.

Il secondo punto della riflessione della dottoressa Ciervo attiene al campo scientifico. Anche in questo ambito, la questione è stata traslata dalla politica e dai media, i quali hanno dato vita a una contrapposizione molto pericolosa. Contrapposizione vede la cosiddetta scienza ufficiale e la giustizia. Per via di tale contrapposizione «coloro i quali, pur facendo scienza di professione non sposano o quanto meno avanzano delle riflessioni critiche a questa parte della scienza rispetto al fenomeno in questione entrano in questa contrapposizione».

«Quando il problema nasce – incalza la ricercatrice – lo troviamo declinato nella delibera regionale del 2013, come problema del disseccamento degli ulivi, non Xylella. La Xylella si diceva essere un batterio che contribuiva al disseccamento, non il problema in sé. Ora, dall’impostazione del problema dipende la soluzione. Se noi impostiamo il problema in maniera non corretta non possiamo avere una soluzione corretta. Se noi diciamo e ci ostiniamo a dire che il problema è xylella, è evidente ed è consequenziale, metteremo in campo una serie di misure, discutibili o meno, per combattere xylella, ma probabilmente non risolveremo, come già i fatti dimostrano, il problema. Invece, guardare al Disseccamento, ed è quello che chiedo alla Commissione – continua la Ciervo – significa guardare al problema nella sua complessità, ad esempio, prendendo in considerazione i numerosi studi scientifici che dimostrano la correlazione fra la vulnerabilità delle piante rispetto alle patologie e ai patogeni. Varrebbe quindi la pena di studiare le condizioni del suolo, soprattutto se si considerano gli studi e i dati statistici ISTAT che ci permettono di correlare l’uso di pesticidi ed erbicidi nella provincia di Lecce».

Ascoltata anche Margherita D’Amico, biologa molecolare e patologa vegetale, in rappresentanza dell’associazione Terra D’Egnazia. La ricercatrice ha invitato i commissari UE a prendere visione dei risultati preliminari di alcuni progetti di ricerca, finanziati dalla Regione Puglia, dai quali si evince che non solo è possibile contenere il fenomeno del disseccamento ma anche risolverlo. Responsabile scientifica di un progetto di ricerca finanziato dalla Regione, la dott.ssa D’Amico, ha messo a punto, assieme al suo team, delle sperimentazioni scientifiche su piante d’olivo gravemente compromesse dal disseccamento. L’area del campo sperimentale è situata nei pressi di Gallipoli – quella del primo focolaio. In questo progetto le piante sono state curate con un protocollo e un approccio scientifico volto essenzialmente a ristabilire l’equilibrio del suolo e delle piante attraverso il metodo dell’Agricoltura Organico Rigenerativa. Le piante hanno ripreso a vegetare, non mostrano più i sintomi del disseccamento e addirittura presentano una buona fioritura.

«Ci sono fondate ragioni – ha affermato la dottoressa D’Amico – per dire che nel tempo di tre anni le piante potranno tornare a produrre a pieno regime e dare reddito. In Puglia – ha continuato – non possiamo esclusivamente concentrarci solo sulla quantità dell’olio di oliva prodotto. Questa deve necessariamente essere abbinata alla qualità, alle caratteristiche del territorio, al cosiddetto made in Italy, in modo che si crei una opportunità di mercato per un’olivicoltura di medio e alto reddito».

Ha spiegato come per portar avanti queste sperimentazioni è necessario finanziare la ricerca. In tal senso ha proposto di dirottare parte dei finanziamenti destinati ai monitoraggi di Xylella verso le sperimentazioni già in atto, visto che stanno dando risultati positivi nel contenimento del disseccamento.

Al termine del suo intervento ha proposto di spostare Xylella fastidiosa subsp. pauca ceppo CoDiRO, ovvero il batterio presente in Puglia, dalla lista di quarantena A1 di EPPO alla “Alert List” dell’EPPO. La dottoressa D’Amico spiega «All’interno della lista A1 dell’EPPO sono presenti due ceppi: uno di subspecie fastidiosa e l’altro di subspecie Pauca. Quest’ultimo, presente in Salento, è stato inserito nella lista 1 di Eppo perché in America è ritenuto un pericolo per il bioterrorismo. Cioè è un microrganismo capace di produrre enormi danni di produzione per gli agrumi. Il ceppo CoDiRO pugliese non attacca gli agrumi. Questo ad un patologo, ad un biologo indica che c’è un enorme differenza tra i due patogeni dal punto di vista del loro comportamento biologico. Per cui siamo di fronte ad un nuovo possibile patogeno. EPPO ha tutte le misure per affrontare questa tematica perché è presente un’altra lista all’interno dell’ente, che si chiama Alert List. L’Alert List contiene tutti i patogeni nuovi, ovvero i patogeni con un comportamento biologico nuovo. Grazie all’inserimento del patogeno pugliese nell’Alert List esso può essere sottoposto al test Crisp analisys. Ciò significa che EPPO ha l’autorità di invitare tutti gli scienziati europei a effettuare studi specifici su questo ceppo. A seconda delle risultanze di queste consultazioni EPPO deciderà, a ragion veduta, se lasciare il ceppo in lista A1 oppure eliminarlo dalla lista».

Vorremo evidenziare anche l’intervento di Angelo Cardone del Comitato Salvaguardia dell’Ambiente della Valle d’Itria. «Noi siamo nella zona cuscinetto e noi siamo quelli che ci opponiamo agli espianti». La richiesta avanzata da Nardone ai commissari è che «quegli alberi, anche quelli infetti, non siano abbattuti ma siano messi in sicurezza e siano studiati non solo dagli istituti incaricati dalla Regione ma anche da un istituto terzo indicato in accordo con la Commissione Europea».

Il risultato dell’Audit?

Positivo. Soprattutto perché ai commissari è stata presentata una verità diversa da quella dei pochi.

A questi si è opposta la verità secondo la Legge, il territorio, la Scienza e soprattutto chi di agricoltura ci vive, ma non ci specula.